Ep. 26 - Euphoria

Ogni mese un articolo per trattare da vicino proprio quelle questioni che riguardano i ragazzi ma che sono così difficili da esprimere a parole, quelle questioni che sembrano impossibili da spiegare. 

La rubrica ALL YOU NEED IS FREUD nasce dal desiderio di parlare di psicologia a giovani fruitori, attraverso l'analisi di serie tv, film e canzoni contemporanee.

 

Euphoria

In una cittadina non specificata, di quelle non troppo grandi, ma nemmeno troppo piccole da non permettersi una high school, un gruppo di adolescenti trascorre le giornate tra sperimentazioni sessuali, sostanze stupefacenti, crisi genitoriali e contrasti tra pari.
La protagonista, Rue, entra ed esce da centri di disintossicazione, ha diciassette anni, ma è già una “tossica” da molto tempo. L’astinenza da oppiacei è il demone da cui tenta di scappare quotidianamente, con difficoltà enormi nel mentire alla fidanzata, alla sorella, alla madre e al gruppo dei tossicodipendenti anonimi.
Il messaggio della serie TV non lascia scampo: farsi è una figata, induce stati emotivi meravigliosi, che portano Rue a ricercare esclusivamente la droga, del resto, appiattendo ogni sensazione, non si sente il dolore, ma nemmeno la gioia. Lo sballo rassicura: ogni giorno, se si recupera la sostanza, è uguale a quello precedente e sarà uguale a quello successivo.

 

GENITORI E FIGLI

Il gruppo di coetanei che la circonda appare come una serie infinita di personaggi caratterizzati da clichés adolescenziali estremizzati all’ennesima potenza
Jules, che si definisce trans, innamorata di Rue, non disdegna anche approcci maschili e tenta in tutti i modi di salvare Rue da se stessa, Cassie tradisce la migliore amica, Maddy, andando a letto con Nate, Nate mente su tutto…nessuno si salva.
Nemmeno i genitori indossano il salvagente: invischiati in relazioni promiscue, abbandonati, contraddittori, depressi e impotenti rispetto alla crescita dei figli.
Lo spaccato di un’America di provincia ci mostra quanto sia difficile stare al mondo, ma, soprattutto, come non esista nessuno che abbia una ricetta da seguire per scovare dove risiede il bene e dove il male. 

 

ESSERE SCHIAVI DEL PROPRIO TRAUMA

Sam Levinson, l’ideatore/sceneggiatore, non lascia scampo: vivere è una condanna
Tale condanna prevede però una responsabilità soggettiva: esiste sempre una scelta.
Orfana di padre, Rue attribuisce la sua sofferenza alla scomparsa del genitore, Nat alla passione del padre per i giovani trans, il padre di Nat rivela il suo segreto umiliando la moglie che seduce sconosciuti sui social e mortifica un figlio porno-dipendente, Cassie ha un passato che la perseguita, ognuno è schiavo del proprio trauma, ognuno reagisce diversamente. 

 

SCEGLIERE, DUNQUE, È POSSIBILE

Se pensiamo alla nostra vita quotidiana abbiamo sempre un motivo per dire: “che giornata di m****, dai, stasera bevo, che vadano tutti a fare in c***!”.  C’è sempre un buon/cattivo motivo per ubriacarsi rispetto al mondo che ci circonda, sta a noi decidere cosa fare con il casino della nostra vita e della nostra quotidianità.
Euphoria ci sbatte in faccia che l’adolescenza è, senza dubbio, il periodo più complicato in cui ogni vissuto assume i caratteri di una tempesta emotiva, ma è proprio in quel periodo che cominciamo a comprendere come, ma soprattutto quanto, accettare quella quota di angoscia ineliminabile che l’esistere al mondo ci pone di fronte.
L’unica soluzione è accogliere e, dunque, tollerare che non tutto può essere modificato, che non possiamo sempre percorrere la via che ci allontana dalla sofferenza, una possibile scelta deve prevedere di accettarla, tale sofferenza, farsela amica e, magari, infine, gestirla.
La psicoanalisi lo insegna, il dolore interiore è ciò che ci permette di sentirci vivi, che ci permette di confrontarci con gli altri e che, in fondo, ci rende unici.
Non possiamo esistere senza sofferenza, fuggire dalla vita rimane un’illusione.