Genere: Documentario
Anno: 2012
Regia: Stefano Liberti, Andrea Segre
Distribuzione: ZaLab
Recensito il 16 giugno da Francesca Colò
Quando i registi Liberti e Segre hanno girato il documentario Mare Chiuso, uscito nel 2012, probabilmente speravano che le problematiche degli sbarchi e dell’immigrazione si sarebbero sciolte nel giro di qualche anno. In realtà, quattro anni dopo, il tema dell’immigrazione è ancora scottante e sempre in prima pagina. Siamo abituati a conoscere le vicende dei rifugiati dall’esterno, grazie ai telegiornali che si limitano a informare lo spettatore sul numero di persone presenti sull’ennesimo barcone arrivato sulle coste italiane, su quanti non sono sopravvissuti alla traversata, o di quanto i centri di accoglienza siano ormai invivibili. Segre e Liberti, invece, catapultano lo spettatore direttamente nella realtà dei rifugiati, permettendogli di conoscere la storia con la voce e le parole di coloro che, pur di sopravvivere, sono disposti a rischiare la vita in mare.
Il documentario racconta la vicenda di un gruppo di rifugiati somali che decidono di partire dalle coste libiche alla volta dell’Italia, chi per raggiungere la famiglia, chi per avere una speranza di vita. È il 2009. L’anno precedente l’allora Presidente del Consiglio italiano Berlusconi firmò il Trattato di Bengasi con il comandante libico Gheddafi. In base al trattato la Libia si sarebbe impegnata a ridurre i flussi migratori verso l’Italia, facendosi carico di tutti coloro che avessero provato ad abbandonare il paese. È proprio il caso dei protagonisti della storia di Segre e Liberti, che raccontano in prima persona la gioia della partenza verso una vita migliore, spenta dopo poco dai trattamenti disumani ricevuti dai militari italiani e nelle carceri libiche dove sono stati imprigionati per più di un anno dopo il rientro in Africa.
I registi hanno intervistato i rifugiati nell’accampamento dell’Unhcr al confine tra Tunisia e Libia, dove sono stati accolti allo scoppio della guerra nel 2011. Molti di loro sono ancora lì, altri sono riusciti a raggiungere l’Italia. Il racconto dei protagonisti è struggente: si leggono nei loro occhi la delusione, la speranza ormai persa, il dolore provato ricordando il passato. Proprio questo racconto diretto è il punto di forza di Mare Chiuso, che coinvolge lo spettatore dall’inizio alla fine, tra deserto e riprese amatoriali sullo scafo, fino alle immagini dell’udienza alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, grazie alla quale i rifugiati hanno ottenuto dall’Italia un risarcimento economico, fin troppo esiguo per i danni subiti.
Nonostante Mare Chiuso non sia una pellicola recente, è in realtà terribilmente attuale. La storia dei rifugiati somali è la storia di migliaia di persone che, ancora oggi, preferiscono andare incontro all’ignoto piuttosto che rassegnarsi ad una vita in territori di guerra.