King of Jazz

Anno: 1930

Regia: John Murray Anderson, Pál Fejös

Cast: Paul Whiteman (come Paul Whiteman), John Boles (diversi ruoli) Laura La Plante (diversi ruoli).

 

Ci pensano Janice Simpson (NBC Universal) e Dave Kehr (MoMa) a introdurre la pellicola King of Jazz, une delle prime produzioni in technicolor della storia del cinema. La costosissima produzione, fortemente voluta dal giovane imprenditore Carl Laemmie Junior, fu all’epoca un flop colossale: il che risulta inspiegabile, se si considera che il film è un trionfo celebrativo della Hollywood degli anni ’30.

Per molti anni, King of Jazz fu diponibile in pochissime copie, dai colori spenti e poco accattivanti. Tuttavia oggi, alla Trentesima Edizione del Cinema Ritrovato, possiamo goderci in prima visione europea un King of Jazz completamente restaurato, dai colori effervescenti e vivaci. Il merito va alla NBC Universal, che ha restaurato la prima copia di questa pellicola (quella originaria del 1930 e non quella del 1933 che poi si è stata diffusa al grande pubblico), ossia quella Two Color Technicolor. Per la procedura di restauro, si è passato lo scanner ai negativi technicolor a due colori e poi successivamente questi sono stati digitalizzati. Circa il 60% delle immagini proviene dai negativi in technicolor originali, mentre per le immagini mancanti, la ricerca dei negativi e dei fermimmagini è avvenuta su scala mondiale. Una volta recuperate le immagini mancanti, la NBC Universal ha poi stabilizzato le immagini in 4K, ha rimosso le tracce di sporco dalla pellicola e ha poi corretto nuovamente i colori e il suono per la colonna sonora. Quello che ne emerge, è un vero e proprio capolavoro visivo, che ricorda le spettacolari scenografie del Grande Gatsby e gli sketch cabarettistici degli spettacoli live dell’epoca.

King of Jazz, è un’opera celebrativa della figura di Paul Whiteman, direttore d’orchestra jazz statunitense. Sebbene l’opera si concentri su un personaggio specifico, anche lo spettatore meno preparato sull’argomento non rischierà di annoiarsi: lungi dall’avere una vera e propria storia, King of Jazz è raccontato attraverso un alternarsi di sipari di musica e parole, tutti raccolti dalla voce esterna di un narratore. Attraverso l’espediente narrativo di un libro in formato gigante dedicato alla vita di Paul Whiteman, si analizzano dunque le composizioni dell’artista e le influenze della sua musica, in particolare latine e afro-americane. Whiteman, che nel film interpreta sé stesso, accettò di buon grado il titolo auto-celebrativo della pellicola, che però gli fu poi aspramente contestato in quanto, per molti, la sua musica non rientrava propriamente nei ranghi del jazz.

In ogni caso, che sia jazz con la J maiuscola o minuscola, il film resta comunque un trionfo di musica, colori e festa. Non si può infatti non rimanere abbagliati dalla sincronia delle coreografie di ballo, dai vestiti color corallo delle ballerine, dai quarantaquattro musicisti che appaiono dalla valigetta di Paul Whiteman (altro che Mary Poppins!), dagli assoli di questi (battito di cuore garantito per gli amanti della musica), dal canto dei merli e dei pettirossi, dal riferimento Verniano della luna con la fisionomia del Re del Jazz, dalla rapsodia ispirati dai ritmi della giungla africana, dalle palme fatte di pendagli di cristallo luminosi, dai pianoforti color acqua marina, dal velo da sposa (il più lungo del mondo, secondo la Universal!), abbagliante e lunghissimo… Tutto, ma proprio tutto, è fatto per lasciare lo spettatore a bocca aperta in King of Jazz.

Come afferma Paul Whiteman durante lo show, “un buono spettacolo è come un buon sugo: richiede un po' di sale e un po' di pepe”. E in King of Jazz, possiamo veramente dire che di sale e di pepe ce n’è da vendere.

 

Recensione a cura di Alice Michelini.

Photo credits: theretroset.com
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