EP 5 - RAPUNZEL l'intreccio della torre, il film

Ogni mese un articolo per trattare da vicino proprio quelle questioni che riguardano i ragazzi ma che sono così difficili da dire, quelle questioni che sembrano impossibili da spiegare. 

La rubrica ALL YOU NEED IS FREUD nasce dal desiderio di parlare di psicologia a giovani fruitori, attraverso l'analisi di serie tv, film e canzoni contemporanee.


Rapunzel, l’intreccio della torre (2010)

Film di animazione Disney

Psicopatologia di una vita quotidiana in quarantena

In questi giorni di quarantena, mentre pulivo la credenza, mi sono sorpresa a canticchiare il ritornello della canzone “Aspettando una nuova vita” tratta da questo Classico per Famiglie: “Afferro un libro o due, dalla mia libreria e aggiungo un bel dipinto nella galleria. Tra la chitarra, i ferri e la gastronomia. Aspetto quel che succederà.” Come sempre, quando una canzone mi compare nella mente, amo utilizzare i ferri del mio mestiere per interrogare cosa ha da dire la parte più nascosta e sincera di me.

È poco più che un divertimento enigmistico, non ho la velleità di emulare Freud in uno di suoi testi principali “Psicopatologia della vita quotidiana”.

La canzone parla di quarantena: la nostra Rapunzel, obbligata ad una vita di clausura dalla matrigna, si inventa ogni giorno un modo per fare arrivare sera. Elenca tutte le attività che continuamente compie: legge, dipinge, canta, cucina, scrive post, fa dirette Facebook…

Era iniziato così anche il mio approccio alla chiusura: dovevo fare, recuperare il tempo perduto, non sprecalo. Come sempre l’inconscio mi veniva in soccorso, canzonandomi: non sei Rapunzel, fermati!

Difese, non solo immunitarie

Sono giorni strani, non ne avevamo mai vissuti di simili, non abbiamo ricordi a cui agganciarci, è tutto straordinario. Anche i decreti emessi ci sembrano insufficienti ad orientarci, lasciando spazio a troppe interpretazioni.

Quando la realtà perde le coordinate, la collettività si disgrega, la paura della morte prende il sopravvento c’è un solo modo per reagire: utilizzare le proprie difese. Proprie, nel senso che ci sono difese simili ma mai uguali: si minimizza, si trasgrediscono le regole, si critica la classe dirigente, si cercano verità nascoste, ci si barrica in casa.
Il denominatore di queste difese è “il fare”, perché l’angoscia che si prova è troppo forte per fermarsi.
Così ci troviamo come Rapunzel a fare dolci, pulire casa, fare post sui social: con l’illusione che queste attività ci mostrino che siamo vivi. La canzoncina però ci sussurra all’orecchio, ci ricorda che sarebbe il momento di fermarsi perché non c’è niente da fare, siamo impotenti: questa verità con cui ci siamo improvvisamente imbattuti è terribile e dolorosa perché lo stato di impotenza evoca più che mai la morte.
 

Come Lacan però ci insegna, gli eventi si comprendono solo in un secondo momento, quando sono terminati. Se pensiamo alla clinica del trauma sappiamo bene che si lavora solo dopo, a trauma avvenuto, non è una clinica preventiva e neppure una clinica del mentre. Ora siamo in quel mentre e vale la pena fermarci invece di strafare, di correre come criceti sulle nostre ruote che purtroppo non portano da nessuna parte. Riposiamoci adesso perché poi ci sarà molto da fare, tantissimo da lavorare, verremo chiamati ad esserci con tutte le energie possibili sulla scena del mondo, quando torneremo alla vita, tutti quanti e (ri)comincerà, come per Rapunzel, la nostra vera avventura.