Il professore Paolo Rota racconta l'esperienza vissuta in Irlanda nell'ambito del progetto "The digital CLIL School"; quest'ultimo, ideato dal liceo scientifico Righi di Bologna, permette la mobilità per la formazione del personale scuola in Europa su finanziamento della Commissione Europea.
“LA MIA IRLANDA. L’arrivo a mezzanotte all’aeroporto di Dublino e la notte trascorsa in un hotel nei pressi per non dare subito un incomodo ai miei gentili ospiti. La sveglia poche ore dopo per essere puntuale, dopo un brevissimo passaggio per quella che sarebbe stata la mia “casa” irlandese, alla mia prima lezione di “Life, language and Literature” presso l’ATLAS School, bianco edificio classicheggiante affacciato su di un canale .
La mia classe: 3 italiani, due ungheresi, una polacca, una tedesca. Tra questi due insegnanti di inglese, i quali hanno fatto sì che il livello delle lezioni fosse un po’ più alto del previsto; un po’ alto per me che, soprattutto i primi giorni, uscivo dall’aula con il mal di testa convinto di non aver capito abbastanza. Il mio teacher, Stephen, che dopo qualche semplice indagine iniziale, ha capito che i nostri interessi andavano soprattutto nella direzione della letteratura e della cultura irlandese (che era poi anche la “sua” direzione di studi) e che dunque ha orientato il corso in tal senso, con una profondità ed un coinvolgimento, suo e nostro al contempo, al di là delle mie attese.
La mia “famiglia” irlandese, una deliziosa sorpresa: in una casa da rivista d’arredamento, una coppia brillante, vitale, vivacissima culturalmente, con la quale a cena si parlava di politica internazionale, letteratura, vita teatrale e viaggi.
La città, presto nota nella sua forma e dunque percorribile con una certa familiarità; un po’ di globalità inserito però in una spiccata personalità: dai parchi storici ai musei (vere e proprie carte d’identità nazionali), dalle architetture religiose ai palazzi che hanno visto una storia di rivoluzioni e paralisi.
Le serate nel centro: la calma dei giorni feriali alternata all’alcolica spensieratezza del weekend nei vicoli di Temple Bar, la cui atmosfera è densa di musica dal vivo proveniente da ogni angolo; le passeggiate sul silenzioso lungofiume, da cui si assiste allo sviluppo moderno della città verso il Porto.
La scoperta delle peculiarità del parlato irlandese (niente più “bat” o “Dablin”, bensì “bot” e Doblin” (all’incirca…); una lingua però nel complesso più comprensibile di quella di molti londinesi, almeno per noi non addetti ai lavori.
E poi l’”altra” Irlanda (o quella vera): un viaggio verso la costa occidentale fino alle celebri Cliffs of Moher, set cinematografico ideale per chi cerca vertigini di sublime. Ma lungo il tragitto cielo, nuvole ,erba e tante pecore; e il miglior piatto di carne dell’intero soggiorno.
E infine, ma soprattutto, la Dublino degli scrittori, che ti viene incontro ovunque: dal piccolo museo che li raccoglie tutti insieme alla possibilità di vedere a teatro un’originale versione dell’”Ulysses” joyciano; dal cortile del Trinity College dove è facile immaginare il giovane Oscar Wilde ai parchi che ricordano la rivoluzione di “Pasqua 1916” cantata da W.B.Yeats; dalla monumentale cattedrale di St. Patrick, dove officiava Jonathan Swift alla statua in bronzo di Patrick Kavanagh, adagiato su una panchina lungo quello stesso Canal cantato in una sua celebre poesia.
Tutto questo è stato la mia esperienza Erasmus in Irlanda; o meglio, tutto quello che i miei occhi hanno talmente catturato da non lasciarlo ancora scappare.”