Ep. 27 - Il truffatore di Tinder

Ogni mese un articolo per trattare da vicino proprio quelle questioni che riguardano i ragazzi ma che sono così difficili da esprimere a parole, quelle questioni che sembrano impossibili da spiegare. 

La rubrica ALL YOU NEED IS FREUD nasce dal desiderio di parlare di psicologia a giovani fruitori, attraverso l'analisi di serie tv, film e canzoni contemporanee.

 

Il truffatore di Tinder 


SIMON LEVIEV- BILLIONAIRE’S SON

“Sarà divertente, facciamo swipe a destra”
Inizia così questo film documentario, dove le parti sono assegnate subito: lui il figlio di un milionario; lei, loro, delle ragazze che cercano l’amore su Tinder. La trama di per sé è semplice ma il piano di Simon è piuttosto machiavellico.
Lui si finge l’erede di una famiglia di magnati di diamanti. Si finge ma non troppo, nel senso che vive realmente come un multimilionario: ha Jet privati, alloggia in hotel extra-lusso e organizza feste incredibili. Simpatico, intelligente, brillante, impulsivo, così lo descrivono le protagoniste, ma ad un certo punto delle loro relazioni (non sempre d’amore ma anche di amicizia) scompare, dicendo di essere perseguitato da una oscura organizzazione africana e di avere assoluto bisogno di un prestito di denaro perché i suoi conti sono momentaneamente bloccati.
È stato calcolato che la truffa che ha architettato è di circa 10 milioni di dollari.


 
SIAMO CADUTI TUTTI IN UNA TRAPPOLA

Prima che il documentario venisse distribuito da Netflix, l’account Instagram di Simon aveva 100.000 follower. Ora l’ha chiuso. Non è mai stato condannato per le truffe milionarie che ha organizzato.
Le ragazze hanno perso tutti i soldi, non sono mai state risarcite, si sono rivolte alla giustizia che ha alzato le mani davanti alle loro richieste e l’unico modo che hanno avuto per “vendicarsi”, come dicono esplicitamente nel film, è stato quello di raccontare la loro storia prima ai giornali e poi in questo film.

Facciamo ora un fast forward fino alle scene finali: carrellata di immagini di Simon con beni di lusso, una splendida modella come fidanzata e una nuova attività imprenditoriale in cui si pagano 300 dollari per diventare vincenti come lui. Ecco poi Cecile: ci avvertono che sta ancora pagando i suoi debiti, è ancora single e continua a usare Tinder. “Cerchi ancora l’amore?” le chiedono “Si certo” ridacchia imbarazzata “sempre”.
E ancora una volta ci siamo caduti tutti nella grande trappola del bullo e della vittima, di nuovo, senza neppure accorgercene. Simon che ci è stato mostrato per tutto il film come inequivocabilmente un truffatore, manipolatore senza scrupoli, ha un valore, è un vincente, uno che ce l’ha fatta, uno a cui la gente vuole bene, a cui gli amici, l’ex moglie, la fidanzata, tutti stanno accanto, uno con cui è bello, è piacevole, è divertente trascorrere le giornate. Cecile invece, come la più “sfigata” delle ragazzine di una qualunque classe delle medie è sola, indebitata, senza l’amore. 

È proprio questo posto in cui inconsciamente mettiamo sempre i bulli e le vittime che non ci permette davvero di spezzare questa spirale di violenze e dolori. Anche questo film, che aveva come intenzione proprio quello di fare ciò che la giustizia non ha fatto - dare alle vittime un risarcimento - cade invece nello stesso identico errore narrativo.
È il rischio più grande che accade a tutti, genitori, insegnanti, amici, forze dell’ordine, giornalisti, registi, quando si interviene in situazioni del genere: rafforzare le maschere bullo-figo e vittima-sfigata. Il lavoro importante da fare è invece proprio quello di squarciare queste identificazioni e mostrare le fragilità soggettiva che incastrano le persone dietro queste facciate, in ugual modo sia il bullo che la vittima. La clinica ci insegna che dietro al bullo e dietro la vittima ci sono le stesse sofferenze, lo stesso dolore, la stessa paura di essere invisibili, di non essere importanti per nessuno.
Quando queste vicende, come avviene sempre nel bullismo, hanno degli spettatori gli spettatori sono ugualmente parte dei protagonisti. 
La responsabilità enorme che il pubblico ha, sia composto da compagni di classe o da registi, è proprio quello di spezzare la catena di violenze scoperchiando la verità, non tappandola rendendo la vittima ancora più vittima e sfigata e il bullo ancora più bullo e figo.