Si è svolta giovedì 26 gennaio 2017, presso la sala del Consiglio Comunale, la convocazione solenne in occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio 2017). La seduta si è aperta con i saluti della Presidente del Consiglio Comunale, Luisa Guidone, e del sindaco Virginio Merola e l'intervento del professor Riccardo Calimani, scrittore e storico dell'ebraismo, il quale ha ricordato agli studenti della 4B del Liceo Righi, delle classi V dell'Istituto Rosa Luxemburg e della classe III A delle scuole Guinizelli (giunti per l'occasione ad ascoltare gli interventi), l'importanza di tramandare il ricordo dell'Olocausto, soprattutto per le prossime generazioni.
Ospite speciale della giornata, il fumettista e autore di vignette satiriche Michel Kichka, a cui il MEB dedica, in questi giorni, una mostra sul suo ultimo lavoro, la graphic novel La Seconda Generazione, edito da Rizzoli Lizard. L'opera, realizzata con un taglio molto ironico e leggero pur trattando una tematica delicata e importante, è un'autobiografia dell'autore e del suo rapporto con il padre, Henri Kichka, sopravvissuto nel campo di concentramento di Buchenwald e autore del romanzo Une adolescence perdue dans la nuit des camps. Un'opera nata "dal desiderio di confrontarsi sul tema, compiendo una vera e propria "indagine" sulla mia famiglia, e di commemorare il ricordo dell'Olocausto, unico modo per alimentare la fiamma della tolleranza", come affermato dallo stesso Kichka durante l'intervento. "Nella storia non ci sono eroi, né tanto meno supereroi, a parte uno: mio padre, un uomo che è riuscito a ricostruirsi una vita grazie alla parola".
Siamo andati ad ascoltare il suo intervento e a farci raccontare qualcosa di più in merito alla sua opera.
Innanzitutto come nasce questo progetto?
Quando ero piccolo mio padre teneva sempre sul comodino un libro sulla II guerra mondiale che era il suo preferito. Poi più avanti, da adolescente, lessi Maus di Art Spiegelman, libro che mi ha segnato profondamente e che mi ha fatto capire come una storia personale potesse diventare oggetto di un fumetto. Da lì è iniziato un processo introspettivo per capire la mia storia tipica di molti che appartengono alla cosiddetta "seconda generazione", tutti accomunati da questo stesso lavoro di analisi e introspezione. E da lì è nato questo mio lavoro biografico: l'intento era quello di riaprire una ferita famigliare e obbligare mio padre ad ascoltarmi e capire che non solo lui aveva sofferto. Alla fine è stato molto utile per entrambi. Il libro è diventato, per noi, una sorta di compensazione per le nostre sofferenze, anche se illusoria.
E per quanto riguarda le "terze generazioni" e quelle dopo?
Già oggi esistono tante opere rivolte a queste generazioni (e anche realizzate da queste) sul tema della Shoa (cinema, documentari, film, addirittura libri scritti da loro). Ci sono diverse creazioni che sono state fatte e ritengo che, con gli anni, il soggetto attirerà sempre di più le nuove generazioni, proprio perché nel dopoguerra questo era considerato un argomento tabù, non se ne poteva parlare. A questo proposito un ruolo importante lo gioca l'istruzione. Le opere come la mia sono utili per completare il racconto e la testimonianza dei sopravvissuti e possono avvicinare queste nuove generazioni all'argomento, soprattutto quando le testimonianze dirette, in futuro, saranno sempre meno. Il fumetto, in generale, può essere un ottimo modo per far comprendere alle generazioni più giovani questi concetti perché è chiaro, semplice e non pesante, in quanto le prossime generazioni potrebbero avere delle resistenze a voler approfondire l'argomento dato l'orrore che suscita.
Hai citato Maus di Art Spiegelman, opera molto simile alla tua: nel suo romanzo Spiegelman parla del complicato rapporto con il padre e del sentirsi anche lui, in parte, un sopravvissuto. Per te è stato lo stesso?
No. Non mi sento un "sopravvissuto" perché le nostre storie in realtà sono molto diverse. Pur avendo avuto questa esperienza in comune, Spiegelman ha vissuto la cosa da una prospettiva diversa, probabilmente dovuta alla diversa età (lui è più anziano di me e questo è un fatto non indifferente); mio padre è vissuto per molto tempo ed è ancora vivo, ha avuto modo di ricompattare i pezzi e metabolizzare il suo dolore, cosa che non ha fatto il padre di Spiegelman. Inoltre lui è morto prima che Maus venisse pubblicata perciò non ha potuto toccare con mano il cambiamento provocato dall'opera del figlio. Nel mio caso, invece, questo libro ha permesso che io e mio padre ricominciassimo a parlarci come mai avevamo fatto prima e, in un certo senso, il nostro rapporto è migliorato dopo questa opera.
Parlaci un po' dell'organizzazione di cui fai parte, Cartooning for Peace.
Cartooning for Peace è un'organizzazione fondata nel 2006 dal mio collega Plantu (vignettista satirico francese i cui disegni sono pubblicati sul giornale Le Monde ndr), nata a seguito della fatwa lanciata contro le caricature di Maometto sul giornale danese Jyllands-Posten. A seguito di quell'episodio si svolse un seminario presso le Nazioni Unite, sostenuto dall'allora Segretario Kofi Annan, sul concetto di tolleranza. Da quell'incontro nacque l'idea per la nostra organizzazione che oggi coinvolge disegnatori provenienti da tutto il mondo. Principalmente ci occupiamo di due cose: confronto e discussione tra di noi sulla libertà d'espressione e promozione d'incontri nelle scuole sull'argomento. E poi continuiamo a fare il nostro lavoro: caricature comiche che hanno lo scopo di provocare. Perché la vignetta (in quanto medium) suscita inevitabilmente delle reazioni e delle emozioni. I nostri disegni, però, vogliono emozionare e provocare ponendo delle domande sulla realtà, non suscitando odio, giocando molto sull'ironia. Un mio amico, disegnatore danese, ha sintetizzato molto bene il nostro lavoro: con le nostre piccole matite cerchiamo di migliorare il mondo.
(Si ferma un attimo e poi fa cenno di voler aggiungere qualcosa a questo proposito ndr)
Vorrei parlare in merito al caso di Charlie Hebdo: a seguito dell'attentato, il ministro dell'istruzione francese invitò alcuni disegnatori della nostra organizzazione nei licei per parlare ai ragazzi sulla libertà d'espressione, concetto che non è sempre molto chiaro, soprattutto per i giovani. Alcuni di loro pensavano che i disegnatori di Charlie avessero meritato di morire per le loro vignette. Ecco, il nostro compito è proprio questo: rieducare, perché l'insegnamento può aiutare a far passare i concetti di democrazia e tolleranza e questo vale anche per la storia della Shoa. Per questo svolgiamo il nostro compito, non solo nelle scuole ma, negli ultimi tempi, anche nelle carceri e nelle prigioni.
A breve La Seconda Generazione diventerà anche un cartone animato. Com'è stato il passaggio dalla carta stampata al video? Pensi che aiuterà a far passare meglio i concetti del libro?
Assolutamente! Certo, quando si tratta di adattare qualcosa per lo schermo ci sono sempre dei cambiamenti, perché ogni medium ha esigenze diverse. Tuttavia, sebbene alcune cose siano state cambiate rispetto al libro, il cuore e l'emozione originali sono rimaste inalterate. Devo dire che mi sono ritrovato molto nel lavoro degli animatori che hanno curato l'adattamento del mio romanzo a fumetti. Ed è stato commovente vedere i miei disegni che prendevano vita sullo schermo. Il film uscirà in Francia per la fine del 2018 e ne sono molto orgoglioso perché sarà il primo cartone animato che tratta l'argomento della Shoa e sono sicuro che diventerà un ulteriore strumento per approfondire la nostra storia e raggiungere un pubblico ancora più ampio.
Per chi fosse interessato a conoscere la storia di Michel Kichka e il suo romanzo: le tavole de La Seconda Generazione e il teaser del film tratto da essa sono in mostra al MEB fino all'8 marzo 2017, a ingresso libero, durante gli orari d'apertura del museo.